La più grande avventura di una vita: dire la verità
Omaggio a Jordan Peterson.
Viviamo tempi che solo pochi anni fa avremmo immaginato distopici, ora che un abbraccio è un atto quasi sovversivo, la libertà di parola una minaccia da contrastare, la tradizione pedissequamente ed aggressivamente rinnegata, il merito è sacrificato sull'altare dell'equità, il linguaggio destrutturato e relativizzato. Nel mondo svariate istituzioni educative di alto rango stanno eliminando interi moduli di calcolo matematico dai loro curricula perchè classificati come “discriminatori” verso le “minoranze”. Classici della letteratura per bambini, capolavori del cinema, eroi dei fumetti sono stati messi all'indice, censurati dalle piattaforme digitali dell'intrattenimento, in quanto potenzialmente “offensivi” verso questo o quell'altro gruppo identitario.
È diventato accettabile silenziare le voci dissonanti, sopprimere le idee alternative, chiudere i canali di comunicazione di coloro che intralciano la narrativa imperante, e tutto questo, ironia della sorte, promosso più o meno consapevolmente da un'ideologia che cavalca la “diversità” e sposa la “tolleranza”. Ma l'ironia stessa è scomparsa, essendo l'ironia la prima vittima quando un qualsiasi discorso viene infarcito con ideologia. Come anche gratitudine e compassione, anch'esse rase al suolo dalla furia dei boicottatori culturali, dei “guerrieri” per la giustizia sociale. D'altronde, se dalla loro prospettiva di guerra si tratta, allora non può esserci spazio per il buon senso e l'umanità.
Il successo di tale campagna ideologica è strabiliante. Dietro ad avamposti di gruppi assai ben organizzati e finanziati si è aggregata una moltitudine variegata di giovani e non più giovani, genuinamente attratti dalla missione che quest'ondata “rivoluzionaria” sembra indicare, che è poi non così dissimile da ciò che qualsiasi deriva ideologica propugna: riscattare le vittime, estirpare l'ingiustizia, forgiare una società nuova sulle rovine di quella vecchia. Nessuno dovrebbe minimizzare il fascino e la potenza di una tale chiamata alle armi, armi digitali forse, ma pur sempre capaci di risvegliare l'innata pulsione all'erosimo che è parte indissolubile dell'animo umano.
L'antropologo culturale Ernest Becker definiva questo come il quesito esistenziale primario di ogni essere umano: divenire consapevole di tutto quello che metto in atto per ottenere la sensazione di sentirmi eroe. Ed il mito dell'eroe è fra i più antichi e comuni nelle varie tradizioni culturali, così come in tutte le storie moderne di successo. L'eroe è colui che salpa verso mari ignoti, quasi sempre in risposta ad un tormento profondo, una crisi, una catastrofe del fato. Il periglioso viaggio che intraprende è costellato di sfide terrificanti, mostri sconosciuti, scelte cruciali che mettono in discussione la sua visione delle cose. L'obiettivo di quest'avventura non è chiaro in principio, ma nel prosieguo di questo incontro con l'ignoto l'eroe ottiene una conoscenza, un potere che egli riconosce come esattamente ciò che nell'abisso del suo cuore lo aveva spinto ad abbandonare la terra familiare all'inizio della storia. Fortificato in questa nuova consapevolezza di sé, egli s'imbarca nel viaggio di ritorno, altrettanto rischioso, per poter condividere con la sua gente il segreto che si è svelato in lui, il tesoro trafugato dallo stomaco del drago.
Non vi è possibilità di fare a meno di una narrativa del genere, ne necessitiamo come dell'aria che respiriamo, ed, a livello colletivo, il vuoto prodotto da una mitologia eroica in declino viene in breve tempo colmato da qualche altra forma di eroismo mitico. Allora, più che domandarsi dove risiede l'attrazione verso l'attuale ondata rivoluzionaria che vorrebbe riscrivere perfino le regole della grammatica e della biologia, sarebbe opportuno interrogarsi su quale possa essere l'alternativa mitica alla cosidetta ideologia post-moderna ed egalitaria. In passato erano state le tradizioni religiose e sapienzali a fornire gli uomini con delle narrazioni e delle pratiche tali da incardinare l'esperienza dell'eroe in cerca della virtù e della verità su un piano accessibile ed appetibile, nonché condiviso in forma comunitaria. E nella realtà secolare, tecnologica ed individualistica dei nostri tempi?
La domanda ha occupato la mente dello psicologo canadese Jordan Peterson per decenni. Fin quando non è scoccata anche per lui l'ora di lasciare i circoli accademici e le mura del suo studio privato per dare avvio ad un'epopea che lo ha tramutato in uno degli autori più conosciuti ed influenti di questi anni, una voce pubblica di incoraggiamento e responsabilizzazione per milioni di persone. La storia inizia con dei video pubblicati online per esternare la sua opposizione adamantina ad una proposta di legge del governo canadese, in cui sotto l'ombrello della protezione dei diritti delle persone transessuali Peterson scorgeva un'insidia fatale alla libertà di espressione, più propriamente una forma di coercizione linguistica imposta dallo Stato, primo caso nei paesi a tradizione anglosassone e liberale. Con un effetto a valanga, per Peterson da quel momento prende corpo un'ascesa nel dibattito pubblico che lo farà conoscere in tutto il mondo, sostenuta dalla pubblicazione di un libro, 12 Regole per la Vita, di enorme successo.
La narrazione costruita da Peterson attraverso le sue lezioni universitarie pubblicate su youtube, le sue apparizioni pubbliche, interviste e i suoi libri incrocia psicologia, mitologia, la Bibbia, biologia e molto ancora: in un certo senso il suo tentativo, di successo, di creare storie e legami di significato a partire da riferimenti tra essi distanti per disciplina o periodo temporale rispecchia pienamente la visione del mondo dell'intellettuale canadese: per Peterson tutto è narrazione, tutto è significato, o meglio: è il significato che rende “reale” la realtà, che ne plasma i contorni. Il punto di partenza è la capacità di prestare attenzione, di posare il nostro sguardo su qualcosa che, inspiegabilmente, chiede di essere rilevata. È come se tra l'innumerevole quantità di stimoli con i quali l'universo ci inonda, un frammento di essi formuli una chiamata alla quale la nostra capacità di attenzione risponde. Dall'attenzione si fa poi spazio l'interesse, la curiosità di esplorare ciò che risuona dentro di noi di quel mondo esterno, che ci attrae, in maniera inesplicabile. Ciò vale a livello di evoluzione biologica tanto quanto a livello esistenziale: sulle orme di Jung, Peterson insiste che è lì che possiamo trovare l'ormai famigerata “passione”, la direzione per la nostra vita, seguendo la chiamata di ciò che attira la nostra attenzione. A patto di essere in grado e disposti ad onorare la nostra facoltà di prestare attenzione, prendendosi cura di ciò che ci circonda come di quello che alberga nel nostro animo, di ascoltare ed ascolarsi, osservare e lasciarsi in-formare dall'osservazione.
La direzione fa la nostra esistenza: senza un focus, un bersaglio verso cui mirare, l'esistenza perde significato, e l'abisso ci si spalanca sotto ai piedi. Cosa ci ostacola nella ricerca di significato? Cosa impedisce di muoversi verso ciò che ci sta chiamando? Intanto, seguire quella stella polare comporta cambiamenti, che spesso possono essere immani. Ci costringe a scelte crudeli. Ci spinge a far bruciare via i rami secchi, sciogliere ciò che è falso dentro ed attorno a noi nel fuoco della verità. Porta, inoltre, ad una penosa ma necessaria considerazione: non essendoci limite al nostro margine di avvicinamento verso l'ideale cui siamo orientati, quanto sono disposto a sacrificare di me stesso, del mio tempo, di ciò che ho già raccolto fino a questo punto per compiere la mia missione esistenziale? Serve inoltre un criterio che possa consentire di riconoscere come ciò che stiamo perseguendo non sia mera soddisfazione narcisistica. Tale criterio è il grado di responsabilità personale implicato dalle scelte che compio: maggiore la responsabilità che assumo sulle mie spalle, maggiore la probabilità di muovermi verso ciò che è giusto, per la mia vita e per quella degli altri, più vicino sono alla versione migliore di me stesso.
La responsabilità delle mie azioni si estende necessariamente alla comunicazione delle mie azioni ed emozioni, quindi al mio linguaggio, alle parole che scelgo di pronunciare, alle modalità di farlo. Diventa pertanto evidente come al crescere della mia responsabilità personale cresca di contro l'aderenza alla verità. Tra le regole con le quali Peterson ha voluto strutturare la sua chiamata alla responsabilità personale questa forse è la principale, cosí basilare e per questo tremenda: evitare di mentire. A se stessi, principalmente. E manifestandoci al mondo per ciò che siamo davvero. La frase di Orwell citata di frequente - “La verità in un impero di bugie è un atto rivoluzionario”- viene interpretata generalmente da un'ottica di tipo sociale, anche politica; si può invece intenderla prima ancora a livello della coscienza individuale, laddove la forza della verità che si fa strada nelle crepe anche minuscole dei nostri muri di menzogne può, quei muri, farli crollare con virulenza inimmaginabile.
Quello che può accadere iniziando a sposare la “causa” della verità rappresenta allora un'avventura eroica, per i rischi gravi insiti in essa, per il mistero che sfida e la ricompensa potenzialmente grandiosa che annuncia. L'eroe alla ricerca della verità necessita di coraggio, la forza del cuore, e si nutre di fede, cioè si vivifica nell'affidarsi ad una sapienza di cui egli non può disporre, alla quale può solo arrendersi. Quello che Gesù esclama nel Vangelo secondo Giovanni - “Io sono la via, la verità, la vita” - rappresenta il punto più estremo dell'eroe che sulla via della verità ha sacrificato la sua vita, e con la sua vita ha impersonificato nel mondo la Verità e ne ha tracciato la via.
Negli ultimi due anni la vita di Jordan Peterson è sembrata una rappresentazione di questo viaggio dell'eroe sulla strada della verità, non più letteraria, piuttosto stavolta visceralmente fisica. La fama ed il successo che quell'iniziale scoppio di verità su youtube hanno scaturito, sono stati pagati a caro prezzo dallo psicologo nordamericano, il quale ha subito attacchi su tutti i fronti e da tutte le direzioni, finanche ad essere recentemente rappresentato in un fumetto Marvel come un super anti-eroe di stampo nazista. Negli stessi mesi tali pressioni hanno esasperato disagi privati legati alla malattia della moglie, colpita da un tumore incurabile e poi miracolosamente sopravvissuta, oltre che alle vicessitudini ospedaliere della figlia di Peterson, da anni afflitta da una condizione autoimmune debilitante che ha nel tempo richiesto procedure chirurgiche assai invasive. Peterson stesso finisce in ospedale a causa di una reazione avversa ed incontrollata al suo tentativo di interrompere l'assunzione di antidepressivi (benzodiazepine) prescritti dal suo medico per placare una non più sostenibile forma di insonnia. Inaspettatamente le sue condizioni si aggravano fino a costringere i familiari ad una procedura emergenziale e rischiosissima (provocare un coma farmacologico per procedere alla disintossicazione dai farmaci senza le avverse reazioni nervose e fisiologiche potenzialmente letali di cui Peterson stava facendo esperienza).
Tra viaggi in cliniche americane, russe e serbe, una successiva polmonite, e poi ancora l'infezione da Covid-19, Peterson vaga tra la vita e la morte per mesi, unica cosa a tenerlo vivo l'amore dei suoi cari e dei suoi estimatori, oltre soprattutto al libro che continua a scrivere anche in quelle settimane di tortura e che riesce a far pubblicare subito dopo, all'inizio dello scorso anno. Peterson è riemerso da quell'abisso infernale con una forza tragica, una maggiore vulnerabilità in pubblico, un afflato talvolta quasi profetico, una più marcata tendenza all'introspezione, alla spiritualità, alla necessità di redenzione e perdono, un approccio meno psicologico e più intimo alla figura di Cristo, che già aveva occupato buona parte della sua produzione accademica e saggistica. Pur rimanendo fermamente nel campo delle scienze sociali e rifiutando qualsiasi forma di indotttrinamento religioso, Peterson insiste in quel processo dialogico che egli definisce verità, vale a dire ciò che emerge, o che rimane, come risultato della continua ricerca della verità, personale, culturale e ontologica.
Quello che è nuovo pare essere una consapevolezza prima solo accennata, vale a dire che la ricerca della verità per divenire mezzo di salvezza deve essere posta al servizio dalla compassione, intesa come amore verso il prossimo, incondizionato e incrollabile. La sapienza orientale usa il termine dharma, le fondamenta del giusto agire, ciò che ci sostiene e rivela il nostro potenziale. Nella tradizione dell'antica India, Vishnu, considerato tra le altre cose il guardiano del dharma, è rappresentato con quattro braccia, e per ognuna di esse un oggetto tenuto in mano: una mazza, un fiore di loto, un disco rotante, una conchiglia. Sebbene i simbolismi associati ai quattro oggetti siano molteplici, essi possono essere interpretati come allegorie delle quattro virtù fondamentali che compongono il codice del dharma: la mazza quale forza della disciplina che distrugge le illusioni; il fiore di loto quale equanimità dell'animo puro; il disco rotante quale luce abbagliante della verità; la conchiglia quale amore trascendentale del devoto. In questi tempi tumultuosi, l'avventura straordinaria di un professore universitario canadese serve anche a rinnovare l'invito antichissimo all'azione giusta, alla scelta consapevole, a seguire la traiettoria dell'eroe, di colui che scioglie i nodi che lo legano, per morire nella menzogna e rinascere nella verità.
*Bibliografia di riferimento:
- Peterson, Jordan B.; Maps and meaning: the architecture of belief; Routledge (1999)
- Peterson, Jordan B.; 12 rules for life: an antidote to chaos; Random House Canada (2018)
- Peterson, Jordan B.; Beyond order: 12 more rules for life; Allen Lane (2021)